la caricatura

La caricatura: il senso di un genere come "anti-arte"

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Fra i fenomeni culturali che meglio si sono imposti nel panorama  del XX secolo una riflessione particolare merita la diffusione del genere artistico della caricatura e della vignetta satirica la  cui  espansione è stata favorita dal successo di quel fenomeno più ampio che è la satira politica e di costume.

il senso di un genere come "anti-arte".


Il successo di questo genere, la presa che ha nei confronti del pubblico, ha portato ad interrogarsi su quali siano le peculiarità del suo linguaggio e su quali siano le caratteristiche di questo fenomeno che è ormai un aspetto della nostra quotidianità.

Per gli storici dell’arte la nascita della caricatura è fatta risalire alla seconda metà del Cinquecento ad opera della scuola bolognese dei fratelli Carracci.

La caratteristica più comune che per prima ancora oggi ricerchiamo in una caricatura è  la verosimiglianza, elemento già presente nella celebre definizione della caricatura, o disegno o ritratto “caricato” data dal Baldinucci nel Vocabolario dell’arte e del disegno del 1681 e che può essere ancora ritenuta valida: “E caricare dicesi anche da’ Pittori o Scultori, un modo tenuto da essi in far ritratti, quanto si può somiglianti al tutto della persona ritratta; ma per giuoco e talora per ischerno aggravando o accrescendo i difetti delle parti imitate sproporzionalmente, talmente che nel tutto appariscano essere essi, e nelle parti siano variati”[1].

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Per il Baldinucci

La caricatura presuppone un intento ludico, la manipolazione dei tratti fisiognomici e caratteriali del personaggio caricato del quale vengono esposti i difetti fisici e morali mira a suscitare l’ilarità dello spettatore.

Questa definizione permette di fissare tre aspetti del ritratto caricaturale che sono rimasti costanti: la finalità che va dallo scherzo alla derisione, la tecnica attraverso cui esagerando i tratti fisionomici di un volto si realizza il ritratto caricato e la struttura retorica che come vedremo caratterizza questo tipo di rappresentazione legata ad antichi rituali magici.

A questi però se ne aggiunge un altro che sembra essere assente nella definizione del Baldinucci ma che sarà una costante della caricatura Francese ed Inglese della metà del XVIII secolo, e della caricatura moderna quando i ritratti caricaturali diverranno strumento di satira politica in seguito alla diffusione della stampa.

Mentre infatti il Baldinucci si soffermava sull’importanza che aveva nell’ottica del caricaturista il deformare i tratti caratteristici di un personaggio, nell’uso che oggi facciamo della caricatura come strumento satirico nel caricare un personaggio pubblico non si mira a riprodurre un personaggio reale, con i suoi tratti caratterizzanti , ma ad ottenere una rappresentazione ufficiale di quel personaggio diffusa dai mezzi di comunicazione di massa.

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La caricatura in un senso moderno è un metalinguaggio[2], un linguaggio che si serve di un altro linguaggio come dirà Attilio Brilli nel saggio Alle origini della caricatura.

È  questo carattere di metalinguaggio che per il Brilli  permette di legare la caricatura a quegli studi sulla fisionomia e sull’incidenza delle emozioni sui tratti facciali che come vedremo l’hanno preceduta.

Se infatti la ritrattistica era tesa ad esaltare tramite la bellezza dei tratti la figura dell’uomo nel suo ruolo pubblico la caricatura si propone di smascherare innanzi tutto i codici che sfruttano quel tipo di formalizzazione[3].

La caricatura servendosi della parodia mostra l’essenza della realtà, l’idea platonica che opera dietro le apparenze, esalta la protesta contro l’universo del bello, smaschera le debolezze e i difetti, accentua tutto ciò che è brutto, duro.

Il ritrattista ci mostra l’uomo pubblico, il suo significato eroico, secondo i canoni dell’età classica, il caricaturista ci restituisce tramite un artefatto l’uomo autentico che si cela dietro la maschera del potere, svelandone le piccolezza e le mancanze.

La caricatura si configura così come anti-arte, arte- contro,[4]si scaglia fin dal XVI contro tutto ciò che è ufficialmente riconosciuto come canone, regola, il che nell’ideale artistico classico, significa contro il bello, il sensato, il razionale, l’armonico preferendovi tutto ciò che nell’arte “elevata” non troverà riconoscimento, fino all’affermarsi del Romanticismo, il banale, il brutto, l’irrazionale, il grottesco.

Il fenomeno del riso nasce dal confronto richiesto allo spettatore tra il ritratto consueto, attraverso il quale si è abituati a conoscere un dato personaggio e la caricatura, nella quale lo si rappresenta con forme simboliche differenti.

Ciò comporta che la caricatura in quanto immagine deformata resta sempre vincolata ad un modello preesistente, presuppone in altre parole l’esistenza dell’idea del bello per poter essere colta come provocazione, essa vive del sistema contro cui si scaglia.

A differenza di ogni altro genere artistico che pure è rivolto allo spettatore, la caricatura richiede quindi  la partecipazione attiva di quest’ultimo.

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Ciò rende conto di quella che Brilli definirà la “componente effimera delle caricatura”[5]  e del suo paradosso, molte caricature infatti non riescono a toccarci, poiché l’opera è stata sottratta per sempre al contesto per cui era stata pensata mentre altre mantengono la loro freschezza: si pensi alla caricatura A Venerable Orang-Outang: A Contibution to Unnatural History, nella quale anche chi fosse poco informato sull’argomento può cogliere il chiaro riferimento a Darwin e alla teoria dell’evoluzionismo (tavola 1).

Per risolvere questo paradosso dovremmo come ripercorrere le tappe che hanno condotto all’affermarsi della caricatura come genere a sé, per riscoprirne il valore al di là del suo rapporto con  la storia del costume o con la polemica grafico-pittorica.

Dovremmo in altri termini è come mostrare i caratteri fondamentali che questo movimento anti-artistico, così lo definirà Hofmann, e l’importanza che questo genere ha assunto per un incessante evoluzione dell’arte, non in quanto fenomeno indissolubilmente legato al periodo che immortala su carta ma come un ipotetico laboratorio nel quale sono stati preparati i presupposti dell’arte del Novecento: il recupero di tutto ciò che l’arte classica etichettava come brutto, popolare, quotidiano, e la tensione idealistica a cogliere nelle manifestazioni del reale l’anima, l’essenza, attraverso un processo di stilizzazione e condensazione tramite il quale, come scrive Hofmann, la molteplicità della apparenze << non viene riprodotta ma caratterizzata laconicamente>>[6]  fino a giungere all’idea astratta del segno autonomo che disegna se stesso, della pura forma priva di un contenuto oggettivo.

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[1] Berra, Giacomo: Il ritratto “caricato, in forma strana, e ridicolosa, e con tanta felicità di somiglianza”. La nascita della caricatura e i suoi sviluppi in Italia fino al Settecento, in: Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz 53 (2009).

La caricatura, il senso di un genere come anti-arte.

[2] Brilli, Attilio: Alle origini della caricatura: in Dalla satira alla caricatura: storia, tecniche e ideologie della rappresentazione Edizioni Dedalo spa, Bari 1985.

[3]Ibidem.

[4] Gurisatti, Giovanni: L’<< enfant terrible>> della storia dell’arte, in : Hofmann , Werner: La caricatura. Da Leonardo a Picasso, a cura di Giovanni Gurisatti, angelo colla editore, Costabissara, Vicenza 2006.

[5] Brilli 1985.

[6] Gurisatti, Giovanni: L’<< enfant terrible>> della storia dell’arte, in : Hofmann , Werner: La caricatura. Da Leonardo a Picasso.

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